HopeMedia News: solidarietà e discepolato

HopeMedia News: solidarietà e discepolato


Insieme a Lina Ferrara, caporedattrice web del portale HopeMedia Italia, presentiamo su RVS le principali notizie della settimana.

Cominciamo con le iniziative di ADRA, l’agenzia umanitaria avventista, ancora in campo per aiutare la popolazione nelle Marche dopo l’alluvione per arrivare alla Settimana di Preghiera, un momento di riflessione che riunisce la comunità dei credenti in tutto il mondo.

Podcast a cura di Veronica Addazio.

Neuroplasticità e discepolato. Come la formazione può trasformarci

Neuroplasticità e discepolato. Come la formazione può trasformarci

La dott.ssa Edyta Jankiewicz spiega la differenza tra provare e allenarsi, per essere più simili a Cristo.

Edyta Jankiewicz – La neuroplasticità è il termine usato per descrivere la capacità del cervello di modificare la propria struttura e funzione in risposta all'esperienza, cioè per “ricablare” se stesso. Ho incontrato per la prima volta questo concetto più di 30 anni fa, durante il mio primo lavoro come fisioterapista. Se, ad esempio, un ictus aveva danneggiato l'area del cervello di un paziente, responsabile del movimento del braccio destro, veniva attivata la terapia del movimento per aiutare le regioni circostanti del cervello ad apprendere come eseguire le funzioni dell'area danneggiata; il risultato era un ripristino del movimento.

Questi primi pensieri sulla plasticità del cervello sono stati confermati più di recente con l'aiuto di una tecnologia di imaging avanzata e i neuroscienziati hanno scoperto che il cervello adulto ha una capacità molto maggiore di ricablare se stesso di quanto si pensasse originariamente. Ad esempio, alcuni studi hanno rivelato che le esigenze di trasporto dei tassisti londinesi si traducono in centri di memoria superiori alla media nel loro cervello e che il responsabile di questo sviluppo cerebrale è il loro allenamento intensivo.1

Allo stesso modo, studi condotti sia su pianisti sia su musicisti di archi hanno rivelato che suonare uno strumento porta alla crescita delle aree del cervello coinvolte nel funzionamento motorio e uditivo.2 Incredibilmente, i ricercatori hanno anche scoperto che imparare a suonare o soltanto immaginare di esercitarsi con uno strumento si traducono in una crescita simile dell'area della corteccia motoria che controlla le dita. In altre parole, il nostro pensiero ha la capacità di cambiare la struttura fisica e la funzione del cervello.3

Un effetto simile è stato riscontrato negli individui con disturbo ossessivo-compulsivo (Doc). Le scansioni del cervello rivelano che il Doc è associato a circuiti cerebrali difettosi, che possono essere letteralmente ricablati praticando nuovi modi di pensare; in altre parole, quando i pensieri ossessivi sono interrotti con nuovi pensieri, vengono creati nuovi circuiti cerebrali con conseguente indebolimento dei circuiti difettosi che inizialmente creavano i pensieri ossessivi.4

Comprendere il discepolato 
Sebbene questa capacità del cervello di ricablare se stesso abbia profonde implicazioni per la salute fisica e mentale, può anche aiutarci a comprendere il discepolato, vale a dire il processo permanente di imparare a seguire Gesù e a diventare più simili a lui. Al centro di questo processo di trasformazione vi è un rinnovamento della nostra mente (cfr. Romani 12:2). Proprio come il cervello di un individuo che ha subito un ictus o che soffre di disturbo ossessivo compulsivo può essere ricablato per migliorare il suo funzionamento, in quanto discepoli di Gesù, la nostra mente può essere rinnovata per diventare più simile alla mente di Cristo (cfr. Filippesi 2:5). E, proprio come nel caso di un individuo con un ictus o con Doc, là dove poniamo il nostro sforzo mentale può cambiare la struttura effettiva e il cablaggio del nostro cervello, mettendo in moto le forze che ci rendono ciò che siamo.

Ma, potreste chiedere: “Come avviene tutto questo?”.

Allo stesso modo della neuroplasticità, il pensiero è al centro della trasformazione spirituale. In quanto esseri umani, siamo stati creati con il libero arbitrio, la volontà di scegliere. La nostra più grande libertà è il potere di scegliere “ciò che permetteremo o su cui vorremo che la nostra mente si soffermi”.5 L'apostolo Paolo afferma: “contemplando… siamo trasformati” (2 Corinzi 3:18); e Ellen G. White (co-fondatrice della Chiesa avventista, ndt) scrive: "Mentre si sofferma sulla perfezione del suo carattere [di Gesù], la mente si rinnova e la persona viene ricreata a immagine di Dio".6

Trying e training 
Alcuni anni fa, ho incontrato due modelli di cambiamento contrastanti che mi hanno aiutato a capire come avviene questo rinnovamento della mente, vale a dire il modello di "cercare" (trying in inglese, ndt) di essere più simile a Gesù, in contrapposizione al modello di "formarsi" (training in inglese, ndt) per essere più simile lui.7 Molti cristiani adottano il modello "trying" e quindi lavorano con impegno su se stessi per cercare di essere più amorevoli, gentili, altruisti, ecc. Tuttavia, questo approccio, che si concentra sulle nostre azioni e sui nostri atteggiamenti, spesso porta al fallimento e al senso di colpa. Al contrario, il modello “training” implica l'impegno a sviluppare abitudini che ci formano per essere fedeli a Dio (1 Timoteo 4:7).

Un giorno, mentre insegnavo a guidare l’automobile a una delle mie figlie, ho avuto un’illuminazione quando ho capito la differenza tra questi due approcci. Salendo al posto di guida, mia figlia diceva spesso: "Cercherò di arrivare a destinazione senza fare errori!". Invece, commetteva sempre uno o due errori e finiva per sentirsi scoraggiata in questa esperienza. Non sapevo come aiutarla, ma poi ho ricordato il concetto di "cercare" contro "formarsi". Allora le ho detto: "Cosa ne dici se invece di pensare a ‘cercare’ di non commettere errori, pensi che sia un ‘allenamento’? In questo modo, non ti concentri sul cercare di non compiere errori, ma piuttosto sull'apprendimento di nuove abilità e abitudini ogni volta che guidi”. Il cambiamento nel suo modo di pensare la guida ha fatto la differenza! Quando commetteva un errore, non si scoraggiava perché sapeva di essere in fase di addestramento. E ciò mi ha anche aiutato a capire meglio la vita spirituale.

Tempo con Gesù 
Le nostre abitudini spirituali sono una componente fondamentale della formazione, dell'addestramento al discepolato, perché sono le nostre abitudini che in ultima analisi modellano il modo in cui il nostro cervello è cablato e quindi ciò che diventiamo. Imparare a rendere le abitudini spirituali una parte integrante della nostra vita richiede impegno e intenzionalità; tuttavia questi due elementi non sono finalizzati a "cercare" di diventare più simili a Cristo, ma piuttosto a creare tempo e spazio per stare con Gesù. E mentre passiamo del tempo con lui, trovandoci faccia a faccia con "tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode” (Filippesi 4:8), siamo attratti dalla bellezza di Gesù.

Attraverso questo processo permanente, le nostre menti vengono lentamente “ricablate” per amare di più Dio e desiderare di essere più simili a lui.

[La dott.ssa Edyta Jankiewicz è una specialista dei Ministeri della Famiglia per il team dei Ministeri del Discepolato nella Regione Pacifico meridionale della Chiesa avventista].

 

Note

1 scientificamerican.com/article/london-taxi-memory/

2 dash.harvard.edu/bitstream/handle/1/4734539/270043.pdf?sequence=1

3 ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3797461/ and

content.time.com/time/magazine/article/0,9171,1580438,00.html

4 mentalhealthupdate.blogspot.com/2008/01/ocd-how-intensive-therapy-can-rewire.html

5 D. Willard, Renovation of the Heart: Putting on the Character of Christ, Tyndale House, p. 76.

6 E. G. White, Education, p. 18.

7 B. Hull, Complete Book of Discipleship.

 

(Foto: Getty Images. Fonte: Adventist Record. Traduzione: L. Ferrara)

 

 

 

Moglie, madre… e discepola

Moglie, madre… e discepola

 

Edyta Jankiewicz – Eravamo sposati da poco quando Darius ed io abbiamo incontrato il presidente della Federazione in cui mio marito doveva entrare in servizio come pastore per la prima volta. Dopo i convenevoli e le congratulazioni iniziali, il presidente ci ha chiesto: «Sapevate che Dio ha creato il matrimonio per la crescita del carattere?».

Ero una giovane donna di 23 anni e non avevo mai pensato alla vita coniugale in quei termini, ma presto scoprii che aveva ragione.

Nei primi anni del nostro matrimonio, ogni volta che Darius e io affrontavamo un conflitto, la mia risposta standard era quella di dargli la colpa per tutto ciò che non andava. Poi, nel corso degli anni, capii che quanto di brutto gli vomitavo addosso ogni volta che ci scontravamo non dipendeva da quello che lui aveva fatto o detto, ma da ciò che era dentro di me.

Mentre imparavo lentamente ad assumermi la responsabilità dei miei difetti, il mio carattere si formava in modo nuovo. A poco a poco imparavo a gestire la rabbia, ad essere meno perfezionista e giudicante, a mostrare più empatia e ad essere più tollerante verso mio marito quando non agiva come avrei fatto io. Il matrimonio era davvero un’opportunità per il perfezionamento del carattere e lo avevo capito. Man mano che progredivo,  la vita matrimoniale divenne gradualmente molto meno turbolenta.

Poi nacquero i nostri figli. Quei difetti del carattere che pensavo fossero spariti sembrarono ritornare come una vendetta. Inoltre, imparai che avevo più difetti di quanto immaginassi! Negli anni in cui i miei figli crebbero dall’infanzia all’adolescenza, capii quanto fossi priva di amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, dolcezza e autocontrollo.

Sarei caduta nella disperazione se non avessi frequentato un piccolo gruppo. Ci eravamo appena trasferiti in una nuova città e avevo desiderio di creare amicizia con altre persone; così andai in una chiesa del mio quartiere e domandai se c’era un gruppo di donne di cui potessi fare parte. Mi risposero che, in effetti, ce n’era uno a pochi passi dalla mia nuova casa. Quindi, il mercoledì mattina, mettevo i miei due bambini nel passeggino doppio e camminavo per un breve tratto per incontrare un gruppo di donne di ogni ceto sociale e di diverse denominazioni.

Ricordo il primo incontro in cui, essendo l’unica avventista, pensavo di dovermi presentare al meglio per testimoniare la mia fede. Scoprii presto che le donne di questo gruppo non indossavano maschere, ma condividevano i problemi coniugali, genitoriali, con i suoceri e altre difficoltà interpersonali in modo molto schietto e reale; poi li immergevano nella preghiera.

Nei successivi due anni di frequenza, vidi cristiane che portavano i reciproci fardelli e ristabilivano con tatto coloro che confessavano le proprie debolezze (Ga 6:1, 2). Anche se non imparai ad espormi come le altre nel gruppo, appresi che: potevo condividere alcuni dei miei difetti e delle mie sfide, ed essere ancora amata; quando parlavo di un problema personale o familiare e chiedevo di pregare, quel peso sembrava alleggerirsi; il bisogno di crescita del mio carattere era meno scoraggiante nell’ambito di questa autentica comunità cristiana.

Con il senno di poi, ho capito che le mie esperienze, in famiglia e nei tanti piccoli gruppi di credenti di cui faccio parte da allora, sono state esperienze di discepolato.

Alcune persone che ho incontrato considerano il discepolato solo uno slogan. Altre mi hanno detto che la parola discepolato non è nella Bibbia e quindi non è biblica. Eppure, quando leggo il Nuovo Testamento, sono convinta che il concetto di discepolato fosse centrale nella vita e nel ministero di Gesù e degli apostoli. Le definizioni della parola discepolato sono tante, in maggior parte descrivono questo costrutto del Nuovo Testamento, ma quella che più tocca le mie corde è la seguente: «Il discepolato cristiano è il processo che dura tutta la vita per imparare a seguire Gesù e diventare più simile a lui, per il bene degli altri».

Mi spiego meglio.

Il discepolato è un processo di apprendimento. Come facciamo a saperlo? Perché la parola tradotta «discepolo» nel Nuovo Testamento è mathetes, che deriva dalla termine greco «imparare». Pertanto, un discepolo cristiano è colui che impara a seguire Gesù.

Nell’apprendere a seguire Gesù, a «rimanere con e in» lui (Gv 15), e nel «contemplare la [sua] bellezza» (Sl 27:4), riconosciamo quanto siamo diversi e quanto vogliamo diventare più simili a lui. Ripetutamente, il Nuovo Testamento evidenzia la «formazione» o «trasformazione» come obiettivo della vita cristiana (Ro 6:6; 12:2; 2 Co 3:18; 5:17; Ga 2:20; 4:19).

Amo il modo in cui Ellen G. White lo ha descritto: «restaurare nell’uomo e nella donna l’immagine del Creatore e ricondurli alla perfezione di quando erano stati creati. Questa doveva essere l’opera della redenzione. Questo è l’obiettivo dell’educazione [o del discepolato], il grande obiettivo della vita» – Principi di educazione cristiana, pp. 15,16.

Mi piace molto anche il fatto che Ellen G. White descriva questo processo di formazione come un viaggio che dura tutta la vita, che «non può essere completata in questa vita, ma che proseguirà in quella futura» – Ivi, p. 19.

Nel corso della nostra esistenza, in cui affrontiamo mutevoli circostanze, ci vengono offerte nuove opportunità per essere formati a sua immagine. Lo afferma in modo profondo questa dichiarazione: «[La vita familiare] può rivelare quanto abbiamo bisogno di diventare come Cristo. Quando i nostri figli sono cresciuti, la vita sorprende molti di noi con problemi alla prostata, diabete, mal di schiena e cancro al seno. I nostri figli sposati divorziano e tornano a casa. Risentimento, delusione e molte emozioni negative che credevamo scomparse tornano con rabbia. Ciò che diventa straordinariamente vero è che tutti gli eventi e le circostanze ci formano in Cristo. E tale formazione dura tutta la vita».1

Quando finalmente mi è stata chiara questa verità, cioè che il discepolato è un viaggio per tutta l’esistenza, «una lunga obbedienza nella stessa direzione»,2 ho capito perché le donne del piccolo gruppo di tanti anni fa non indossavano maschere. Io volevo accelerare la mia formazione, ma loro avevano già capito che «non è l’opera di un momento, di una ora o di un giorno, ma di tutta una vita» – E. G. White, Gli uomini che vinsero un impero, p. 560. Di conseguenza, non provavano vergogna per le loro inadempienze.

Manca l’ultimo pezzo della mia definizione: il discepolato cristiano deve essere a beneficio degli altri. Nel percorso in cui imparo ad amare e a seguire Gesù, apprendo anche ad amare gli altri ( Mt 22:37-39). E inizia dalla mia famiglia: quando cresco nel frutto dello Spirito (Ga 5:22,23), la mia famiglia ne trae beneficio; quando imparo a gestire la rabbia senza peccare (Ef. 4:26), la mia famiglia ne beneficia; quando imparo ad esprimere la mia sessualità in modi che onorano Dio (1 Te 4:3-5), la mia famiglia ne beneficia; e così via. Ma si estende anche alle relazioni con le persone al di fuori della cerchia familiare, in particolare con coloro che hanno bisogno di conoscere e sperimentare l’amore e la grazia di Gesù. Nell’apprendere a seguire le orme di Cristo e ad essere cambiata da lui, imparo anche a partecipare e a impegnarmi nella sua missione nel mondo (Mt 4:19).

Mi rimane tanta strada da percorrere, sono ancora molto concentrata sui miei bisogni e desideri per troppo tempo, ma conosco il lavoro di Dio realizzato nella mia vita. So che l’opera del Signore nella mia esistenza e in quella degli altri (famiglia e comunità di fede) è un processo che dura tutta la vita. Quindi, posso vivere senza finzione né vergogna, e posso essere paziente con me stessa e con gli altri perché so che l’opera di Dio in noi non è ancora finita.

Note
1 B. Hull, The Kingdom Life, NavPress, Colorado Springs, 2010, pp. 110, 111.
2 E. Peterson, A Long Obedience in the Same Direction: Discipleship in an Instant Society, InterVarsity Press, Downers Grove, IL, 2002.

 

[Fonte: Adventist Review. Traduzione: Lina Ferrara]

 

Forlì – Programma Kid

Forlì – Programma Kid

Irene Severi – Sabato 11 novembre, nella nostra comunità si è dato inizio al primo appuntamento del programma Kid «I bambini nel discepolato». Ospite speciale è stata Mariarosa Cavaliere. Si è poi tenuta un’agape per le famiglie con figli da 6 a 14 anni, seguita da una riunione a loro dedicata. Hanno deciso di partecipare 15 famiglie, che nel corso di questo inverno e, precisamente per i prossimi 12 sabati, saranno impegnate nelle varie attività previste dal programma.

 

 

 

(Foto: Chiara Cupertino)

 

 

Discepoli che fanno discepoli. La semina

Discepoli che fanno discepoli. La semina

Pubblichiamo il terzo di sei articoli sul discepolato.

Glenn Townend – Per avere un raccolto abbondante bisogna seminare molto. Pochi semi piantati nel terreno daranno come risultato un piccolo raccolto. La dimensione della mietitura è proporzionata alla quantità di seme seminato.

Ricordo la prima volta che mio padre mi permise di coltivare alcuni ravanelli nel suo orto. Un pomeriggio, dopo la scuola, li piantai in fila nel terreno. Il pomeriggio successivo controllai, ma non vidi alcuna crescita. Ritornai il giorno seguente e non c’era niente. Il terzo pomeriggio persi la pazienza, scavai una parte della fila piantata e vidi che i semi avevano piccole radici bianche che crescevano nel terreno. Il seme piantato aveva subito un cambiamento, ma non era visibile immediatamente. Mio padre, invece, scoprì che avevo poca pazienza.

Il potenziale
Tutti i semi hanno potenzialmente al loro interno la forza della vita. Il Vangelo è il seme potente da piantare nei cuori ricettivi perché il vero discepolato possa emergere. Gesù andò dalla sinagoga ai campi, ai monti, nelle case per insegnare e predicare l’amore di Dio (Mt 9:35, 36). Il messaggio del Vangelo di Gesù è il seme.

Cristo ha affrontato i problemi che impediscono il nostro desiderio di vivere per sempre (Ec 3:11). Dio ama gli esseri umani. Per questo ha permesso che suo figlio si abbassasse fino a rivestire l’umanità e a manifestare l’amore di Dio nella carne (Gv 1:1-4, 14-18; 3:16). Gesù non si è solo identificato con noi, ha vinto il peccato che ci separa da Dio (1 Gv 3:5; Eb 4:12) e ha pagato per la nostra condanna fino a morire per noi (Rm 5:8, Ef 1:7).

Ma nessun uomo morto ci poteva salvare. Gesù ha vinto la morte, altro ostacolo che ci sta davanti (1 Cor 15:1-7, 15-17). Ora egli amministra la sua grazia e giustizia nei nostri confronti (Eb 4:16) e poi ritornerà sulla terra per riportarci al nostro stato originale, perfetto ed eterno (Gv 14:1-3, 1 Te 4:13-18). Se questo seme non è seminato nei cuori delle persone, non ci sarà alcun cambiamento o crescita.

Abbiamo una fornitura illimitata del seme del Vangelo e, a differenza della semenza di varie piante odierne, non contiene nulla che non va. Questo seme è eterno (1 Pt 1:23). All’interno di ogni seme vi è una potenza vivificante inspiegabile e maestosa che, nelle giuste circostanze, prende vita.

Pianificare la semina
In che modo possiamo, allora, spargere questo seme? Potremmo cominciare condividendo piccole esperienze spirituali nelle conversazioni. Per esempio, possiamo dire: «Sono stato in un piccolo gruppo di studio delle Bibbia, questa settimana». Oppure: «Sono andato in chiesa sabato». Raccontare agli altri ciò che Dio ha fatto nella nostra vita, le risposte alle preghiere, i cambiamenti nello stile di vita e nel comportamento, sono tutti ottimi modi per piantare i semi del Vangelo. I miei amici motociclisti erano interessati ad ascoltare come Dio aveva cambiato la vita di mio figlio mentre, con il fiatone, eravamo impegnati in una salita.

Oggi, hanno successo i reality televisivi. Le storie di vita vera su come Dio opera nella nostra vita sono molto potenti e le persone potrebbero voler sentire in che modo Gesù è diventato importante per noi.

La Scrittura racconta due volte la storia dell’apostolo Paolo su come Gesù ha cambiato la sua vita (Atti 24:10-21; 26:2-23). Ogni volta, Paolo ricorda brevemente com’era la sua esistenza  prima di incontrare Gesù (senza glorificare il passato), poi racconta in che modo ha conosciuto Gesù (la sua storia è sensazionale, per chi come me ha avuto bisogno di più tempo), infine descrive i cambiamenti avvenuti nella sua vita attuale grazie a Gesù.

L’indemoniato di Gerasa disse a tutti come Gesù aveva cambiato la sua vita, e una folla andò a vedere il Maestro quando ritornò nel paese (Mc 5:19, 20; 7:31-8:10).

La semina avviene non solo se diamo testimonianza della nostra esperienza personale (Ap 12:10), ma anche quando condividiamo il messaggio di Gesù, invitando le persone a leggere insieme i Vangeli e a studiare la Bibbia.

Possiamo spargere il seme del Vangelo diffondendo volantini sulla Bibbia, regalando una rivista agli amici, distribuendo DVD, mettendo post sui nostri siti internet o sulla nostra pagina Facebook, inviando versetti della Scrittura a parenti e amici tramite messaggini con il cellulare.

Le chiese piantano semi durante i gruppi della Scuola del Sabato di tutte le età (dagli adulti ai bambini), con i seminari sulla Bibbia o le profezie, attraverso incontri evangelistici pubblici.

Le istituzioni della Chiesa sono anch’essi mezzi per seminare il Vangelo: la rete di scuole avventiste, la televisione Hope Channel, l’Adventist World Radio e le emittenti radio in FM locali. Diffuso in questo modo il seme crescerà e porterà un cambiamento nei cuori delle persone che lo accettano.

Il Vangelo è potente, trasforma la vita di chi lo fa crescere nel suo cuore.

In che modo, tu e io, stiamo seminando?

(Glenn Townend è presidente della Divisione Pacifico del Sud della Chiesa avventista. Articolo apparso su Adventist Review Online)

 

Corso ECO Campo Siciliano

Corso ECO Campo Siciliano

Gaetano Barone – Dal 17 al 19 febbraio, a Vallegrande, il Campo Siciliano ha dato il via al corso di formazione ECO (Essere chiesa oggi). Grande entusiasmo tra i partecipanti guidati dal past. Stefano Paris, presidente dell’UICCA, nello studio della Lettera agli Ebrei.

Dio ci ha dato il meglio: speranza, sacrificio, patto, ministero. Ogni credente, equipaggiato dallo Spirito Santo, può servire il Signore partendo da chi gli è più vicino: i propri fratelli, la propria famiglia. Alla base di un servizio sano si trova la consacrazione personale, raggiunta attraverso lo studio «approfondito» della Bibbia e la preghiera in quanto dialogo con Dio. In questo modo diventiamo sale e luce del mondo, crescendo nel servizio verso Dio e la comunità.

 

Quarto incontro ECO delle chiese di Puglia e Basilicata

Quarto incontro ECO delle chiese di Puglia e Basilicata

Gloria Zucchini – Più di una trentina di persone, provenienti dalle comunità di Puglia e Basilicata, insieme con i pastori Petru Nyerges Danci, direttore del Campo Sud, Stefano Calà e Daniele Pispisa, si sono riuniti per la quarta volta presso la chiesa di Cassano delle Murge, domenica 26 febbraio, per l’ormai consueto incontro mensile di formazione al discepolato (ECO), iniziato nel dicembre 2016 e organizzato dal Campo Sud.

Il tema trattato dall’ospite, il past. Michele Abiusi, ha dato modo ai presenti di capire come comunicare meglio tra membri di chiesa e come gestire le relazioni intra e inter personali.

Fin dal primo incontro a Palombaio (Bari), gli astanti hanno molto apprezzato l’approfondimento degli argomenti trattati dai pastori Stefano Paris, presidente UICCA, e Andrei Cretu, direttore del Campo Nord, sulla relazione che ognuno di noi ha con la propria vita spirituale.

Nel gennaio scorso, ospitati dalla chiesa di Cassano delle Murge, è continuato il percorso di apprendimento con Mariarosa Cavalieri, responsabile nazionale dei Ministeri a favore dei Bambini, e con il past. Roberto Iannò, direttore nazionale dei dipartimenti Educazione e Famiglia, che hanno approfondito le tematiche riguardanti le relazioni cristiane in famiglia.

Oltre al grande beneficio che ogni partecipante riceve dagli argomenti, così ben trattati dai vari relatori, vorrei sottolineare la gioia dell’incontro mensile fra fratelli e sorelle che, a causa della distanza, non è facile si vedano spesso. Questo porta senz’altro al miglioramento del rapporto fra i presenti, che sarà utile anche da realizzare con i membri delle chiese di appartenenza. Ma, di più, è importante capire che il vero discepolo di Gesù è colui che, prima di tutto, porta pace, gioia e serenità nella sua famiglia, per poi allargare la propria influenza positiva a coloro che incontra ogni giorno e in ogni ambito, primo quello della sua comunità.

Ogni iscritto ha la possibilità di scaricare il materiale formativo ECO Sud, con tutte le relazioni presentate e altro ancora.


La comunità di Cassano delle Murge offre accoglienza e ospitalità a questi incontri, donando non solo ambienti consoni per le riunioni, ma anche l’occasione di usufruire di un’«arte culinaria» di alta qualità. Il percorso di formazione al discepolato continuerà ogni mese fino a giugno.

«Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore e grande sarà la prosperità dei tuoi figli» (Is 54:13).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Discepoli che fanno discepoli. Visione e strategia di Gesù

Discepoli che fanno discepoli. Visione e strategia di Gesù

Pubblichiamo il secondo di sei articoli sul discepolato.

Glenn Townend/Maol – I titoli dei brani nella Bibbia non sono ispirati, ma spesso li riteniamo tali. In tutte le versioni della Scrittura che ho controllato, il titolo non ispirato usato per la parabola di Marco 4:3-20 è «Il seminatore». Ma non sarebbe meglio chiamarla «La parabola dei terreni»? Senza dubbio è il contadino a seminare, ma l’obiettivo principale della parabola è il terreno.

Il tipo di terreno in cui cade il seme ne determina il risultato. La strada? Non dà raccolto. Il terreno roccioso e quello infestato da spine? Non portano frutto. Il buon terreno? Dà un raccolto 60 o 100 volte superiore alla quantità di grano seminato. Il tipo di suolo determina il risultato.

Nessun agricoltore sprecherebbe il seme conservato dal raccolto precedente. Il contadino non aveva alcuna intenzione di seminare del seme tra le rocce, sulla strada o tra le spine infestanti perché, dove il seme cadeva, determinava il sostentamento del seminatore e della sua famiglia. Le loro vite dipendevano dal fatto che la maggior parte del seme andasse nel buon terreno. Quindi, piuttosto che gettare il suo prezioso futuro lontano, l’agricoltore aveva preparato bene il terreno. Tale preparazione comprende fertilizzazione, coltivazione e irrigazione.

Preparazione
L’obiettivo di Gesù non è fare di noi degli agricoltori migliori, ma di renderci buoni discepoli capaci di preparare altri discepoli. Prima che il seme del Vangelo sia seminato, bisogna preparare il terreno. Nel discepolato, preparare il terreno significa predisporre e «ammorbidire» il cuore. Questa parabola implica che ogni persona si domandi: «Quale tipo di terreno è il mio cuore? Come può diventare terreno fertile?».

Gesù preparò i cuori dei suoi ascoltatori andando in mezzo alle persone, mangiando con esse, servendole e pregando per le loro necessità. Mangiò con i pubblicani, come Zaccheo, Matteo e alcuni loro amici (Lc 19:5-7; 5,29); con i farisei, come Simone (Lc 7:36); con amici, come Maria, Marta e Lazzaro (Lc 10:38-42).

Gesù trascorse moltissimo tempo con le persone nella loro quotidianità. Egli ci chiede di seguire il suo esempio: mangiare con le persone, mescolarci con esse, accettarle per quello che sono. Noi tutti mangiamo due o tre volte al giorno, se consumiamo un pasto insieme con gli altri, questi imparano a conoscerci e lo Spirito Santo ci può utilizzare per «ammorbidire» il loro cuore, predisponendolo al Vangelo. Il pasto potrebbe essere consumato al lavoro, in un bar o in un ristorante, anche in casa nostra o nella loro; con una o due persone, o con molti. La maggior parte di noi può farlo. Proviamoci e vediamo quale risultato relazionale darà.

Sviluppare relazioni
Gesù si occupava dei bisogni delle persone. Quando erano affamate, le nutrì (Lc 9:10-17). Quando aiutiamo e serviamo gli altri, prepariamo il terreno in vista del discepolato. Ascoltare con empatia genuina il problema di una persona, prestare un attrezzo per riparare un rubinetto in casa, prendersi cura del cane o del gatto del vicino, sono modi in cui serviamo gli altri e predisponiamo i loro cuori.

Realizzare programmi sanitari sull’esercizio o il mangiar sano, distribuire pacchi di alimenti, coltivare un orto comunitario, organizzare un nuovo gruppo di sostegno per le madri, svolgere volontariato in una mensa, realizzare un corso di finanza e contabilità, questi e altri sono tutti modi in cui i membri di chiesa possono contribuire a preparare il terreno nei cuori delle persone. ADRA aiuta le persone bisognose. Spesso il suo servizio apre le porte ad altri ministeri grazie all’eccellente lavoro che svolge.

Un gruppo di avventisti ha scoperto che una scuola della città aveva problemi di disciplina perché i suoi allievi avevano fame. Gli avventisti hanno deciso di preparare e distribuire la colazione una volta a settimana. Il servizio è stato apprezzato così tanto dal personale scolastico e dai genitori, che hanno iniziato a operare tutti i giorni. Poi è stato avviato un mini-club e più tardi una chiesa. È ciò che Ellen G. White ha definito «servizio disinteressato», agire e impegnarsi solo perché l’amore di Gesù può portare a cose più grandi (Medical Ministry, pp. 197, 246; The Ministry of Healing, pp. 144, 145).

Il ministero della preghiera
Pregare per gli altri cambia la vita. Quando Gesù svolgeva il suo ministero per le persone, i sordi riacquistavano l’udito, i ciechi potevano vedere, i malati guarivano, gli indemoniati erano liberati (Lc 5:38-41; 18:35-42).

Immaginate la vostra gioia se foste stati guariti da Gesù. Sareste pronti ad ascoltare ciò che dice e a seguirlo (Mc 1:27, 28).

Gesù insegnò ai discepoli che il ministero della preghiera fa la differenza (Mc 9:29). Un amico chiede ai suoi nuovi conoscenti: «Posso pregare per te e per un tuo bisogno?». Quasi il cento per cento delle persone, a prescindere dal loro background, risponde affermativamente e lui pronuncia una breve preghiera per loro e la loro richiesta. In molti sono ritornati da lui per dirgli: «Dio ha ascoltato la tua preghiera».

Conosco altri che hanno fatto la stessa cosa con risultati simili, andando di porta in porta. Quando prego per le persone, succede che a volte Dio interviene con un miracolo e a volte no. Tuttavia, se vogliamo vedere Dio all’opera e agire nella vita degli individui, dobbiamo pregare. La preghiera collega la terra con il cielo. Dio si diletta a sentire le nostre preghiere e a entrare in azione. «Quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio» (Gv 14:13). Scuola del Sabato o altri gruppi nella chiesa che sono attenti alle esigenze delle persone e pregano, vedranno in esse dei cambiamenti, e altri arriveranno nei loro gruppi. La preghiera funziona

Le chiese che hanno incontri speciali di preghiera prima di ogni attività di «preparazione del terreno» o «semina del seme» saranno cambiate in bene. Una chiesa di mia conoscenza ha tenuto incontri di preghiera ogni mattina, alle 5.30, per più di sei mesi. Si sono verificati miracoli, i ministeri locali prosperano e la presenza al culto è aumentato.

Gesù mangiava con le persone, le serviva, pregava con loro perché le amava. Era veramente desideroso di sovvenire alle loro necessità e aiutarli. «[Gesù] Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9:36). La preparazione del terreno si realizza con sincera compassione e senza guardare al risultato.

Un buon raccolto dipende dalla preparazione del terreno. Una vita cambiata dipende da un cuore «ammorbidito». Allora, perché non andare fuori singolarmente, o con la chiesa, e decidere di adoperarsi per il bene degli altri? Chiunque può farlo. E i risultati vi sorprenderanno.

(Glenn Townend è presidente della Divisione Pacifico del Sud della Chiesa avventista. Articolo apparso su Adventist Review Online))

 

Essere chiesa oggi. Due incontri per le chiese di Roma

Essere chiesa oggi. Due incontri per le chiese di Roma

eco-roma-ingMariarosa Cavalieri – Le chiese di Roma sono invitate a due incontri speciali, organizzati dal Campo Centro, per ragionare insieme su come «essere chiesa oggi» (ECO) in questo territorio:

venerdì 16 dicembre, alle ore 19.00, nella chiesa di Lungotevere Michelangelo;

sabato 17 dicembre, alle ore 14.30, nella chiesa di Piazza Vulture.

La proposta di momenti di formazione e rafforzamento della nostra identità di credenti sarà unita a progetti evangelistici che possano preparare il terreno, piantare il seme, nutrirlo e coltivarlo, raccogliere il frutto quando sarà maturo e conservarlo nel tempo.

Il pastore Yves Monnier, di It is Written, sarà nostro ospite.

It is Written prende il nome dalle parole di Gesù: «Sta scritto: “Non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio!» (Mt 4:4). Infatti, questo ministero della Chiesa cristiana avventista utilizza i media (televisione satellitare e digitale, siti web e App) oltre alla predicazione e a numerose altre risorse, per condividere il Vangelo in tutto il mondo.

Non manchiamo a questo doppio appuntamento, potremo lavorare in squadra per amore della nostra città eterna, Roma, in vista della vera Città eterna che viene.

Scarica qui la locandina.

 

Pin It on Pinterest