Poeti d’altri tempi..

Poeti d’altri tempi..


Il laboratorio è un luogo in cui la creatività e la fantasia prendono vita. Gabriella Ghinelli e Mariangela De Martin counselor dell' associazione "Museo Arte Bambina di Conegliano" ci raccontano la loro esperienza con un gruppo di persone ospiti presso la Casa di Riposo "Casa Fenzi" a Conegliano (TV).

Riflessioni oltre le barriere del tempo, all’interno di una relazione

Riflessioni oltre le barriere del tempo, all’interno di una relazione


Che cos'è il tempo? E in che modo esso influisce nella vita di ciascuno di noi oppure all'interno di una relazione? Ne parliamo insieme a Mariangela De Martin, dell'Associazione "Museo Arte Bambina" di Conegliano.

 

Programma a cura di Gabriella Ghinelli, Mariangela De Martin e Claudia Gucci

Ridere o piangere, i limiti dell’uomo

Ridere o piangere, i limiti dell’uomo


L'essere umano prova emozioni diverse nel corso della sua vita che lo portano a ridere o a piangere a seconda delle situazioni che vive, ma quali sono i reali motivi che inducono ad avere queste reazioni? E soprattutto, sono sentimenti che limitano il proprio comportamento?

Ne parliamo insieme a Giuseppe e ad Andrea ospiti di questa puntata.

Programma a cura di Annamaria Citino

Ti ringrazio per…

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Registrazione incontro Ministeri Femminili – 8 marzo 2022

Ucraina: esperienze con la chiesa avventista di Bologna

Ucraina: esperienze con la chiesa avventista di Bologna


In questo periodo in cui la guerra è qui in Europa, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, raccogliamo l’esperienza vissuta dalla chiesa avventista di Bologna, frequentata da 15 persone ucraine che vivono in Italia da tempo. Quali sono gli aiuti concreti? Raccogliamo anche la testimonianza personale di Valentina, in contatto con i suoi familiari nel proprio paese. In momenti come questo la speranza è molto importante, per tutti. Intanto, per chi vive situazioni molto difficili, per chi è vicino, per chi è lontano…

Mario Calvagno e Carmen Zammataro ne parlano con Gianni Caccamo, pastore delle chiese avventiste di Bologna, Forlì e Modena e con Valentina.

“Incontro Matrimoniale Avventista”. A marzo in Emilia-Romagna

“Incontro Matrimoniale Avventista”. A marzo in Emilia-Romagna


Riparte “Incontro Matrimoniale Avventista” dopo l’interruzione causata dal Covid-19. Il primo weekend esperienziale di quest’anno sarà a Bellaria (RN) dall’11 al 13 marzo; seguiranno a maggio Vallegrande (EN), e Albino (BG) a settembre. A chi è rivolto?

Quella dell’Incontro matrimoniale è un’esperienza diffusa ampiamente nel mondo. Come nasce e come si sviluppa nelle chiese e in particolare nella chiesa avventista?

Le esperienze che ciascuna coppia fa in questo ambito riescono a cambiare in meglio la vita matrimoniale e a portarla su un livello più profondo.

Info e iscrizioni sul sito incontromatrimonialeavventista.it

Mario Calvagno e Carmen Zammataro ne parlano con il dott. Roberto Iannò, pastore, pedagogista, direttore nazionale del Dipartimento Ministeri della Famiglia dell’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste.

Scalare come metafora della vita

Scalare come metafora della vita

Roberto Iannò – “Papà, l’anno prossimo salgo al Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa, a quota 4554 m. Vieni anche tu?” mi chiede mio figlio maggiore. “Certamente” rispondo io. E con questa risposta affermativa al suo invito è iniziata una delle esperienze di montagna più emozionati che abbia mai vissuto, e che è diventata anche metafora del viaggio che ognuno di noi può fare nella propria vita.

La preparazione 
“Sforzati di presentare te stesso…” (2 Timoteo 2:15).
Non si raggiunge alcuno obiettivo senza una preparazione metodica, costante e iniziata per tempo. Lo stesso valeva anche per la sfida che avevo davanti: aggiungere più di 1200 metri alla massima altezza che avevo mai raggiunto in montagna. Non che l’ascensione al Capanna Margherita presentasse particolari difficoltà tecniche. Ma si trattava pur sempre di una sfida con se stessi, una prova di resistenza. Dopotutto, un percorso su ghiacciaio, ad altezze sopra i 4000 metri, presenta sempre l’incertezza della stanchezza, o persino del “mal di montagna”, la patologia che può colpire un escursionista o alpinista quando il proprio corpo inizia a soffrire per la ridotta concentrazione di ossigeno nell’aria.

Durante la mia preparazione atletica nei 12 mesi che mi separavano dell’obiettivo, tante volte avrei voluto mollare. E a volte l’ho fatto. MI sono trovato mille scuse per non uscire la sera e andare a correre per potenziare il fiato e la resistenza alla fatica. Ma ho anche imparato che non importava quante volte “mollavo” ma quante volte “riprendevo” il mio programma.

Nella vita capiterà sempre di perdere di vista, per un attimo, per degli attimi, per lunghissimi attimi, il proprio obiettivo. Ma quello che conta è non dimenticarsi del proprio obiettivo. E ripartire. Come afferma la Bibbia, “il giusto cade sette volte e si rialza” (Proverbi 24:16).

La partenza 
“E Pietro, sceso dalla barca, camminò sull’acqua e andò verso Gesù” (Matteo 14:29).
Quando parti per una grande impresa sei sempre determinato. E carico. Carico di energia, di convinzione, di “assoluti”. Anche nel viaggio della vita, spesso è così.

Sono qui, a circa 3500 metri. Ore 4 del mattino. Pronto per l’ascesa che mi porterà, in quattro ore di passo costante, a tratti durissimo, a 1000 metri più in alto, in cordata con i miei quattro compagni e la guida alpina.

Questa determinazione l’ho spesso osservata in quelle persone che hanno un’esperienza spirituale forte e dicono a tutti che a loro non succederà “mai” di abbandonare la fede. Poi, come successe a Pietro, quel “mai” si scontra con l’imprevisto della vita, e iniziano ad “affondare”. Ho notato un simile atteggiamento in quei neogenitori convinti che il comportamento futuro del figlio dipenderà “esclusivamente” dall’educazione che gli daranno, giudicando come poco autorevoli quei genitori che si stanno confrontando con comportamenti poco appropriati dei propri figli. Poi, anche per loro può arrivare il confronto con la realtà e scoprire che nella genitorialità ci sono tanti fattori che influiscono, non per ultimo il principio di autodeterminazione del figlio, e che non tutto può essere controllato. E allora, si scoraggiano e si domandano “ma dove ho sbagliato?”.

In questa ascensione, così come nella vita, dovevo certo confidare nel sentimento di forte motivazione e convinzione che provavo. Ma dovevo essere pronto anche ad affrontare la fatica e lo scoraggiamento che da lì a poco avrei potuto trovare. E che, senza troppi convenevoli, arrivò.

Il cammino 
“Il Signore stesso cammina davanti a te; egli sarà con te, non ti lascerà e non ti abbandonerà; non temere e non perderti di animo!” (Deuteronomio 31:8 Cei).
Partiamo. Con un misto di eccitazione, e una diffusa e non ben definita ansia, frutto dell’impatto notturno con la montagna. Davanti a noi il buio più totale, un cielo stellato, e tante file di luci che si muovono lentamente sul ghiacciaio: sono le pile frontali di chi ci ha già preceduto nella partenza.

Affrontiamo la prima salita, il primo “muro” del percorso: la salita al Colle del Lys, a quota 4250 metri, dove avremmo avuto la nostra prima, e unica, pausa. Una pendenza considerevole, ma che affronto abbastanza bene. Nessuna fatica respiratoria né mal di testa. La progressione sul ghiacciaio, con ramponi e imbragatura, procede meglio del previsto. “Sono proprio un alpinista nato” mi dico, un po’ per prendermi in giro e, allo stesso tempo, per motivarmi quel tanto che basta per arrivare in cima al colle. Che raggiungiamo dopo due ore e mezza di salita. A piccoli, ma incessanti, passi.

Molti degli obiettivi che ho raggiunto nella vita sono stati come questo primo tratto: impegnativi ma gestibili. Per fortuna, per tanti di noi, questa è la vita. Forse un po’ troppo imborghesiti, rispetto a chi deve affrontare dure fatiche sin da subito, con risorse economiche sufficienti a superare un’ipotetica glaciazione mondiale e tanta determinazione per conquistare i propri obiettivi. Non sempre il cammino è così. Ma è bello godere di questo tratto. Ci dà soddisfazioni, rafforza la nostra autostima, ci rende consapevoli delle nostre risorse e capacità.

Ma tutto questo, purtroppo, ci ha reso più vulnerabili all’imprevisto e imprevedibili, spiazzandoci e facendoci credere che non ce la possiamo più fare. E allora, basta mettere in conto anche il possibile imprevisto.

La fatica 
“Noi siamo tribolati [in difficoltà] in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo” (2 Corinzi 4:8).
Ormai ho superato quota 4000 metri. L’aria è più rarefatta. Il passo regge, ma il respiro, pur se regolare e mai affannato, diventa più frequente, quasi a volere ingurgitare quanto più ossigeno possibile. Sono concentrato sul mio respiro, e anche sul mio pregare. Sì, pregare. Dentro di me, in silenzio. Cosa che, una volta arrivati, ho scoperto che anche qualcun altro ha fatto. Pregare perché Dio mi desse la forza di arrivare in cima. Sentivo dentro di me che i dubbi iniziavano a prendere il sopravvento sulla stima fatta delle mie energie. Ho dubbi se ce la farò veramente. Temo che, da un momento all’altro, allo stremo del respiro, dica “non ce la faccio più. Torno al rifugio da solo”.

Cosa aiuta in questi momenti, oltre che “raschiare il fondo”? È il momento in cui l’essere umano scopre di avere più energie di quanto immagini, più risorse di quanto pensi abbia in riserva. È il momento in cui cambi atteggiamento mentale: da “superuomo”, invincibile e incrollabile, ti vedi “debole” ma che ce la puoi ancora fare. Inizi a concentrarti sui tuoi obiettivi iniziali, sulla voglia di farcela, sul fatto che sarà improbabile di poterci ritornare un’altra volta. Insomma, inizi un dialogo non solo con i tuoi muscoli e polmoni, ma anche con la tua mente. E, pur con fatica, scopri che il tuo corpo sta ancora avanzando.

Nella vita, questo atteggiamento lo chiamo “fede”. Qualcosa che non necessariamente cambia la realtà attorno a te, anche se questo è possibile e più volte sperimentato. Qualcosa che cambia qualcosa dentro di te e ti permette di cambiare prospettiva.

Durante la mia ascesa, ho “creduto” di essere, sì stanco, ma non ancora all’estremo. E così ho proseguito verso la vetta.

L’arrivo 
“per la forza che quel cibo gli aveva dato, camminò quaranta giorni e quaranta notti fino a Oreb, il monte di Dio» (1 Re 19:8).
Mi trovo nel tratto finale, nella parte più ripida di tutto il percorso. Una pendenza di 35 gradi (diciamo, come una pista rossa da sci) costituita dall’ultimo tratto di circa 50 metri di dislivello che mi porterà a guadagnare la vetta e il rifugio Regina Margherita, a quota 4554 metri.

Ho un calo energetico ed evidente svuotamento fisico. “Papà, se vuoi ti porto lo zaino” mi sussurra mio figlio, senza farsi troppo sentire dai compagni di cordata. “Grazie, ma ce la devo fare da solo. Barcollo, ma non mollo” gli rispondo, con un pizzico di nostalgia di quando ero io a dirgli questa frase quando, da piccoli, portavo lui e il fratello in montagna. Questa è la legge della vita, quella graduale inversione dei ruoli che tanto preoccupa noi genitori e a cui nessuno di noi vorrebbe arrivare.

Saranno stati tutti questi pensieri, ma riprendo il cammino e supero questo ultimo dislivello. E di fronte a me, ormai non c’è nessun’altra cima. Sono in vetta. Alla Capanna Margherita, sulla Punta Gnifetti: 4554 metri slm. Riscrivo per l’ennesima volta questa cifra, anche se è più facile digitarla sulla tastiera che raggiungerla.

Da quassù, tutto sembra più piccolo. Le case. Le strade. I fiumi. Persino le mie fatiche, che ormai mi sono totalmente dimenticato, preso dall’euforia dei festeggiamenti. Trovo persino la forza di “spintonarci a vicenda” come per esultare, ed entro nel rifugio con una falcata da eroe, cercando di camuffare l’indolenzimento dei muscoli.

Questa è la forza che Dio può darci di fronte alle sfide che incontriamo nel nostro percorso. La prospettiva che ci regala per vedere, a posteriori, le difficoltà che ci sembravano insormontabili. Anche a imparare dai nostri errori ed avere più umiltà nell’affrontare la vita. Sì, perché questa volta ho raggiunto la vetta. Ma se fosse stata 100 metri più in alto, non so se ce l’avrei fatta.

Aver raggiunto quella vetta, è stata un’impresa che mai avrei immaginato di compiere in questa fase della mia vita. Ma c’è un’altra montagna che non ho mai avuto dubbi di raggiungere: quel “monte” di Dio che rappresenta il suo ritorno. E lì potremo arrivarci tutti assieme. Con fede.

[Foto pervenute da Roberto Iannò]

Socialight n.22 – Questo non è amore

Socialight n.22 – Questo non è amore


In questa ventiduesima puntata di SociaLight, avremo come ospite Deborah Giombarresi, psicologa e psicoterapeuta, con cui affronteremo un tema molto attuale di cui si parla per via di episodi sempre più frequenti: la violenza sulle donne. Parlemo di come capire e poter aiutare chi subisce una violenza di qualsiasi natura. Una puntata che naviga nell’attualità e che ci porta a riflettere su un fenomeno che troppo spesso leggiamo sui nostri giornali nazionali. Non perdertela.

Potenza – Compagni di preghiera

Potenza – Compagni di preghiera

Stefano Calà – Durante l'anno ecclesiastico appena concluso, il comitato della chiesa di Potenza ha "sperimentato" un progetto che abbiamo denominato "Compagni di preghiera". I membri del comitato, a coppie, hanno trascorso ogni giorno un tempo insieme in preghiera al telefono per un mese. Terminato il mese, cambiava compagno di preghiera. Abbiamo tratto grande beneficio da questa esperienza e l'abbiamo poi allargata alla comunità.

Vorrei quindi condividere con voi alcune delle impressioni dei partecipanti, invitandovi a replicare l'esperienza nelle vostre realtà locali.

La mia esperienza è quella di condividere gli stessi sentimenti dell'amore generoso di Dio nel sapere che lui interverrà alle nostre richieste questa è la nostra certezza, poi il conoscersi meglio tra di noi operatori della testimonianza di Gesù Cristo. – G. T.

Attraverso l'esperienza vissuta con l'iniziativa "Compagni di preghiera" ho imparato a condividere ogni giorno con un fratello o una sorella la mia quotidianità, le mie ansie e paure, e pregando insieme si sono attenuate. Ho scoperto che tra di noi, membri della nostra chiesa, ci conoscevamo poco, troppo poco per sentire la bellezza di avere una comunità che rafforza il nostro senso di identità e appartenenza alla famiglia universale cristiana. Rivolgere a Dio le nostre preghiere è stato di fondamentale importanza per rafforzarci nella fede, nella conoscenza della Parola di Dio. La preghiera in due ha migliorato i nostri rapporti personali e la qualità delle nostre richieste a Dio. In presenza, in chiesa, non riusciamo ad aprirci completamente quando preghiamo. Pregando in due si diventa una sola persona, si rafforzano legami di fraternità che erano sciolti, tanto da diventare inesistenti. Ringrazio il Signore per questa esperienza di preghiera che ci ha reso più forti e speranzosi dell’imminente ritorno di Gesù. – A. A.

Aggiungerei che abbiamo rafforzato anche l'amicizia, che è una bella cosa. Infatti, anche Gesù ci chiama suoi amici, ed è bellissimo. – A. F.

 

 

Socialight 20 – Con Dio passo dopo passo – Silvio Nunez – audio 2.parte

Socialight 20 – Con Dio passo dopo passo – Silvio Nunez – audio 2.parte

In questa ventesima puntata di SociaLight continueremo a conoscere Silvio Nuñes cappellano della facoltà avventista di teologia “Villa Aurora”. Silvio ci parlerà del suo ministero in Italia, delle sfide che ha avuto e di come è riuscito a superarle con l’aiuto di Dio. Non perderti questa puntata ricca di spunti su cui riflettere.

Socialight 19 – Con Dio passo dopo passo – Silvio Nunez – audio

Socialight 19 – Con Dio passo dopo passo – Silvio Nunez – audio

Nella diciannovesima puntata di SociaLight Giomba parlerà con Silvio Nuñes cappellano della facoltà avventista di teologia “Villa Aurora”. Silvio ci racconterà il contesto difficile in cui viveva in Brasile e di come ha incontrato Dio. Una storia interessante che ci fa capire come Dio protegge ed accompagna le persone verso Lui. Non perdetela.

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