Speciale Assemblea/4 – La Commissione speciale

Speciale Assemblea/4 – La Commissione speciale

Giuseppe Marrazzo – Il primo grande gruppo di lavoro, guidato dal presidente della Divisione, sarà la Commissione speciale (composta da oltre 100 persone, i «delegati principali») che avrà il compito di proporre all’assemblea i nomi dei componenti delle quattro commissioni permanenti (nomina, statuti e regolamenti, piani e risoluzioni, e credenziali) che inizieranno i lavori subito dopo aver ascoltato i rapporti degli officer dell’Unione (presidente, segretario e tesoriere) e quello della Commissione di verifica.

In genere, ciascuno si fida di più delle persone che conosce e quindi è più facile scegliere tra quelli appartenenti alla cerchia delle proprie conoscenze, in questo caso, per ovviare al problema, sarebbe utile fare una breve presentazione dei nomi proposti affinché si concretizzi quello che dice il Manuale di Chiesa nell’introduzione al capitolo dedicato alle «nomine»: «Si sceglieranno soltanto persone che siano in grado di adempiere pienamente le mansioni specifiche relative all’incarico per cui sono state elette» (p. 147). I componenti di ogni commissione  saranno scelti con particolare cura; occorrerebbe quindi votare persone dal giudizio equo e non persone faziose, membri con capacità di discernimento, con lungimiranza, con spirito di dedizione al Signore e desiderosi di concretizzare l’annuncio del messaggio evangelico. Non è ammessa alcuna forzatura, da parte di un singolo o da parte di un gruppo, per cercare di «imporre» un nome; ogni delegato vota in base ai dettami della propria coscienza e della propria visione delle cose. Ogni tentativo volto a stravolgere questo principio, dovrebbe essere segnalato e biasimato. Nel 2010 questa commissione terminò i lavori alle cinque del mattino lavorando tutta la notte. Mi auguro che le procedure di voto siano semplificate in modo da dedicare più ore al riposo notturno.

Speciale Assemblea/3 – I delegati

Speciale Assemblea/3 – I delegati

Secondo il Regolamento dell’Assemblea i delegati sono regolari e principali. L’unica differenza è che i «principali» sono chiamati a formare la Commissione preparatoria incaricata di proporre all’Assemblea la composizione delle quattro commissioni attive durante i lavori assembleari: nomina, credenziali, statuti e regolamenti, piani e risoluzioni.

La scelta quindi dei delegati è importante per il buon funzionamento dei lavori dell’Assemblea.

Secondo il Manuale di Chiesa, i delegati sono eletti dalla chiesa su proposta del comitato o di una commissione ad hoc. L’art. 3 del Regolamento prevede l’elezione anche di riserve, oltre ai delegati regolari e principali, nel caso in cui all’ultimo momento qualcuno fosse impossibilitato a partecipare. Esistono dei delegati d’ufficio (i membri del comitato esecutivo d’Unione, i pastori e delegati aggiunti scelti dal Comitato d’Unione) i quali non possono essere scelti come delegati di una chiesa.

Le qualità e la responsabilità del delegato sono enormi. Pur eletti dalla comunità locale, essi non rappresentano solo gli interessi locali. Il loro compito è sì amministrativo ma anche spirituale, e richiede conoscenza della chiesa, delle dottrine fondamentali, dei suoi valori e delle sue strutture organizzative. Sarebbe meglio evitare di scegliere quei delegati solo perché hanno qualcosa da dire (o ridire) o semplicemente perché non hanno altro da fare. Ellen G. White afferma: «Dio desidera che il suo popolo si comporti intelligentemente. Egli ha organizzato le cose in modo che degli uomini scelti siano mandati come delegati ai nostri congressi. Essi devono essere uomini provati, idonei e degni di fiducia. La scelta dei delegati incaricati di partecipare ai nostri raduni è una cosa molto importante poiché essi saranno chiamati a elaborare dei piani da attuare in vista dell’evangelizzazione dell’opera e quindi devono essere uomini intelligenti, capaci di valutare il rapporto tra causa ed effetto» (I tesori delle testimonianze, vol. 3, p. 265).

Nella situazione in cui si trova la chiesa avventista italiana i delegati possono contribuire a risolvere alcuni problemi o ad aggravarli. Con spirito di preghiera e di consacrazione occorre prepararsi a compiere l’opera del Signore, con la consapevolezza dei limiti umani e la grandezza della grazia divina. [Hai altri suggerimenti, domande e chiarimenti? Scrivi a: messaggero@edizioniadv.it]

 

Speciale Assemblea/3 – I delegati

Speciale Assemblea/2 – Il governo della chiesa

Giuseppe Marrazzo – Nel Nuovo Testamento esistono tracce di organizzazione ecclesiastica, anche se non troviamo un modello prestabilito.
– Ovunque vanno Paolo e Barnaba eleggono anziani locali (At 14:23).
– L’istituzione diaconale (At 6:1-6) dimostra che esiste una suddivisione dei compiti all’interno della chiesa. Non c’è da stupirsi perché la Qahal ebraica era fortemente organizzata.
– Il disordine di Corinto viene disapprovato e Paolo invita la comunità a fare ogni cosa con ordine (1 Cor 14:40).
Per ciò che concerne il tipo di organizzazione, è molto difficile stabilire un modello compiuto. La chiesa era un organismo troppo giovane per maturare uno schema di governo, ma è un errore credere che non ve ne sia alcuno. Nella storia della chiesa, la sua organizzazione si è sviluppata in tre direzioni: a. episcopale; b. congregazionalista; c. sinodale.

a. Episcopale
È un sistema fondato sulla figura del «vescovo» (episcopos) che diventa il cuore del funzionamento della comunità. È una forma di governo piramidale che prevede una triplice ripartizione del ministero: vescovi, presbiteri e diaconi. Questo è il modello accettato dalla chiesa cattolica e ortodossa. I vescovi sarebbero i successori degli apostoli (la «successione apostolica» sarebbe stata trasmessa da vescovo in vescovo). Esistono difficoltà storiche per documentare gli anelli di congiunzione di questa lunga catena, che termina con il papato moderno, una sorta di «monarchia assoluta». Le chiese riformate mantengono il sistema episcopale non collegandolo alla «successione apostolica» ma alla fedeltà evangelica. La chiesa avventista non segue il modello episcopale.

b. Congregazionalista
Il governo della chiesa è basato sull’autorità della comunità locale. È un sistema autonomo che dà piena autorità alla base; i membri della comunità locale riconoscono i doni spirituali, eleggono anziani e diaconi. Insomma, è la chiesa locale che governa! Il pastore e l’anziano sono scelti dalla comunità; la consacrazione è amministrata dalla comunità e tutti i membri partecipano alla cerimonia. Sul piano biblico, infatti, è l’assemblea locale che vota le misure disciplinari (Mt 18:15-17), elegge anziani e diaconi (At 6:1-6; 14:23), sorveglia in materia di dottrina (1 Gv 4:1, 2:20,27). Paolo esorta a esaminare ogni cosa e a ritenere il bene (1 Ts 5:21). Chi deve esaminare? Paolo o la chiesa intera? Certamente, la chiesa tutta. La chiesa avventista, però, non segue il modello congregazionalista.

c. Sinodale
Non è un sistema perfetto, ma è quello più vicino alle Scritture. I presbiteri dirigono nel nome della comunità.
– Gli anziani locali scelti dalla chiesa la dirigono. Se ci sono diversi presbiteri allora si costituisce il collegio degli anziani, con il primo anziano che sorveglia e insegna. Paolo li distingue da quelli che lavorano nella predicazione e nell’insegnamento (1 Tm 5:17).
– Un gruppo di chiese di una determinata area geografica costituiscono il «presbiterio» (Federazione o Campo) che opera sotto un’unica direzione.
– Più presbiteri messi insieme costituiscono il Sinodo (syn-hodós = «fare uno stesso percorso insieme»), l’Unione nel nostro caso. Dopo il Sinodo resta solo l’Assemblea Generale.
– Ognuno di questi livelli ha rappresentanti della comunità locale (delegati). A differenza del sistema congregazionalista, in quello sinodale l’autorità non risiede nella comunità locale né nel vertice (vescovo). Il governo sinodale è a cerchi concentrici ed è quello più vicino alle chiese cristiane primitive, basti vedere quello che è avvenuto nel concilio di Gerusalemme (At 15).

Conclusione
La chiesa avventista ricalca il modello sinodale, che, con tutti i suoi limiti, è quello che più di tutti si avvicina al modello tracciato dalla chiesa primitiva.
[Ti ritrovi? Credi che sia un modello vecchio? Quali modifiche vorresti apportare? Scrivi a: messaggero@edizioniadv.it]

Speciale Assemblea/3 – I delegati

Speciale Assemblea. Perché è importante l’Assemblea amministrativa?

Giuseppe Marrazzo – Fin dalle sue origini, la chiesa avventista ha rifiutato il sistema organizzativo basato sul carisma di una singola persona e ha aderito al sistema sinodale e conciliare nella scelta di una leadership fondata sulla dinamica comunitaria, che prende decisioni in comitati, commissioni e assemblee.

Questa procedura potrà forse apparire lenta e farraginosa rispetto alla rapidità con cui può decidere un singolo individuo, come per esempio il titolare di un’azienda. Il sistema autocratico, però, può con la stessa rapidità scivolare verso una forma di autorità autoreferenziale e narcisistica, mentre la dinamica comunitaria, basata sul principio che un gruppo possiede maggiori elementi di verifica interna, chiama in causa la capacità di tutti nel comunicare e interpretare al meglio e responsabilmente gli obiettivi della chiesa.

L’Assemblea che si costituirà per alcuni giorni in febbraio 2014, con la presenza dei delegati di tutte le comunità avventiste, avrà il compito di compiere scelte responsabili, ma la responsabilità sarà esercitata con maggiore accuratezza se maggiori saranno le informazioni acquisite da ogni singolo delegato. Urgono «delegati informati».

Per rendere più agevoli i lavori dell’Assemblea è necessario che ogni delegato conosca bene le procedure e le regole esplicite (e implicite), comprenda e apprezzi le dinamiche organizzative, contribuisca a fare proposte concrete da realizzare, condizioni permettendo, nel quinquennio successivo, ma più di ogni cosa il delegato dovrà sviluppare alcune qualità indispensabili per realizzare con efficacia il senso comunitario.

1. Prima di tutto l’Assemblea, oltre a essere un incontro comunitario, è anche un incontro con Dio e la sua Parola. La Scrittura ci incoraggia ad avere una spiccata sensibilità verso le esigenze altrui con mente ricettiva e pronta ad ascoltare prima di parlare. Pertanto ogni delegato dovrebbe coltivare un atteggiamento empatico con il quale sarà possibile capire meglio le motivazioni altrui, perché spesso l’altro vive e vede la realtà in modo diverso da come posso viverla e vederla io.

2. Ogni persona, volente e nolente, esercita un influsso sugli altri, nel bene e nel male; ognuno di noi può persuadere e incoraggiare, se sapremo comunicare in modo argomentativo e serenamente, anche quando dissentiamo o riproviamo un certo comportamento. Ogni delegato infatti può ispirare gli altri ad avere una visione convincente; per questo occorre esprimere il proprio contributo con un tono emotivo positivo.

3. Infine, ognuno dovrebbe essere pronto a trarre il meglio dalle persone come fece Gesù quando scelse i dirigenti (gli apostoli) per la più grande opera mai esistita al mondo. I discepoli erano semplici «pescatori» incolti, uno era perfino «pubblicano», categoria alquanto criticata, ma tutti erano motivati dal desiderio non solo di lavorare con spirito di gruppo ma soprattutto di realizzare il piano divino. Questo vale sia per i lavori comuni in Assemblea, sia per quelli delle commissioni.

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